Il 13 novembre, su invito degli amici di Nois3, sono intervenuta al World Usability Day a Roma per raccontare il lavoro sul web durante la campagna elettorale de L’Altra Europa con Tsipras.
Il World Usability Day è la Giornata Mondiale dell’Usabilità, nata nel 2005 come iniziativa della Usability Professionals’ Association per garantire che i servizi e i prodotti importanti per la vita umana siano di più facile accesso e più semplici da usare.
Ogni anno, il secondo giovedì del mese di novembre, sono più di 200 gli eventi organizzati in oltre 43 paesi di tutto il mondo per sensibilizzare la popolazione e formare i professionisti a proposito degli strumenti e delle problematiche centrali per la ricerca, lo sviluppo e la pratica di una buona usabilità.
Cosa c’entra l’usabilità con una campagna elettorale? C’entra. Perché una campagna elettorale in Rete non può essere pensata come una campagna fatta di affissioni e messaggi trasmessi in broadcast dai mass media. Organizzare e gestire online una campagna elettorale significa negoziare continuamente lo spazio e il linguaggio, mettersi e mettere in relazione. Per molti versi, chi si occupa di comunicare una campagna elettorale online di questi tempi deve scomparire e “limitarsi” ad accompagnare, facilitare, assecondare processi.

Hai detto niente.
Con questo in testa ho preparato il mio intervento, intitolato “Anatomia di una campagna elettorale” e che, come amo dire, era più che altro un’autopsia.

A WUD mi sono innanzitutto presentata, raccontando il mio lavoro, gli ambiti di cui mi sono occupata principalmente in questi anni e sottolineando la mia passione per le cause perse. Senza dubbio la ragione per la quale ho accettato con entusiasmo la proposta di occuparmi de L’Altra Europa con Tsipras.

A occhio e croce nessuno – o quasi nessuno – nell’uditorio aveva sentito parlare de L’Altra Europa con Tsipras fino al momento in cui questa foto fu pubblicata su facebook e, a seguire, grossomodo ovunque monopolizzando per giorni il dibattito politico online e no.

In realtà L’Altra Europa con Tsipras nasce il 17 gennaio 2014 quando un appello firmato da Barbara Spinelli, Marco Revelli, Guido Viale, Luciano Gallino, Paolo Flores D’Arcais e Andrea Camilleri viene pubblicato su il manifesto e Il Fatto quotidiano. A seguito della candidatura di Alexis Tsipras a presidente della Commissione Europea per il Partito della Sinistra Unitaria Europa (GUE/NGL) alcuni intellettuali si appellano affinché nasca anche in Italia una lista a sostegno della candidatura del leader greco, una lista “autonoma della società civile”.

L’appello viene pubblicato online su Micromega e in poche settimane raccoglie oltre 20.000 adesioni. Poco dopo, grazie a una votazione online su nome e simbolo nasce propriamente “L’Altra Europa con Tsipras” con l’intenzione di unire storie ed esperienze della cosiddetta “sinistra radicale” italiana.

Sempre a proposito di storia, L’Altra Europa con Tsipras non è il primo tentativo di unire le particelle di sinistra di questo paese nel tentativo di dare loro rappresentanza e rappresentatività. Per restare agli anni più recenti si registrano due esperienze, entrambe fallimentari: nel 2008 Sinistra Arcobaleno e nel 2013 Rivoluzione civile.
Insomma «Dai! Questa è la volta volta!» è cosa che molti si erano sentiti dire già diverse volte, con risultati, diciamo, deludenti. Il compito di spiegare L’Altra Europa con Tsipras e di appassionare le persone non era per niente semplice.

La sensazione di stare vendendo la fontana di Trevi (peraltro a persone che se l’erano comprata già un paio di volte) era abbastanza forte, a tratti.

Una grande difficoltà che abbiamo incontrato è stato comunicare nello stesso momento in cui veniva definito l’oggetto comunicato e il soggetto comunicante.
L’Altra Europa con Tsipras non era il PD. Quello, nel bene o nel male, sappiamo tutti cos’è. Quando leggiamo un messaggio che riporta il logo del PD inquadriamo immediatamente chi ci sta parlando, ne conosciamo la storia e l’identità e questo ci aiuta a capire il messaggio.
L’Altra Europa con Tsipras era un soggetto nascente, sconosciuto all’esterno, in fase di definizione della propria essenza all’interno, conteneva un nome difficile da pronunciare e sconosciuto ai più.
Inoltre, si trattava di un’elezione per il Parlamento Europeo e L’Altra Europa con Tsipras sfuggiva alla semplificazione, non solo mediatica, della competizione nazionale: Renzi vs Grillo vs Berlusconi, come se in gioco fosse il governo del Paese. L’Altra Europa ha parlato di Europa per tutta la campagna elettorale, e questo risultava incomprensibile.
Era una lista (e non un solo candidato) con scarsissimi mezzi finanziari, che non permettevano grandi investimenti pubblicitari.
E’ stato difficile, come si diceva, coinvolgere i “vecchi” militanti, scottati da più delusioni e restii a lasciarsi convincere. E’ stato altrettanto difficile scrollarsi di dosso la patina di “vecchio” con la quale eravamo percepiti: la lista dei professoroni, degli intellettuali, vecchi e polverosi contro il giovane, nuovista e dinamico Matteo Renzi.
Noi per primi abbiamo iniziato a giocare con i nostri limiti.

Abbiamo prodotto materiale (indimenticabile il video di Francesca Fornario) e abbiamo fatto incontrare le persone che, autonomamente, producevano materiale, creando un gruppo segreto su Facebook, L’altro cazzeggio con Tsipras, dove tra battute e scherzi nascevano e si sviluppavano idee.

Nonostante tutti gli sforzi, siamo stati sostanzialmente ignorati dai media tradizionali per quasi tutta la campagna elettorale.
Quasi, perché in realtà in un paio di momenti abbiamo avuto l’onore di apparire sulle colonne dei principali quotidiani italiani: quando si trattava di dire che eravamo la solita sinistra che litiga e si scinde e, come si è detto, per *quella* foto.
La Rete, per noi, non era un semplice strumento tra tanti. Non era nemmeno il palco gratuito da cui lanciare gli stessi messaggi che circolavano con altri mezzi. Era il vero luogo dello scambio, della costruzione del discorso e del dialogo.
Come tutti, abbiamo aperto account sui principali social network: una pagina Facebook che, da zero, ha superato i 70.000 fan in tre mesi, un account Twitter che in tre mesi ha sfiorato i 12.000 follower, un canale Youtube con oltre 1.000 follower e accaount su Flickr e Instagram per pubblicare e gestire foto.
Avevamo, inoltre, una rete di pagine Facebook e account Twitter dei nostri candidati e dei comitati territoriali che monitoravamo costantemente e con i quali effettuavamo uno scambio continuo e reciproco per rilanciare informazioni dal territorio e dai singoli al nazionale e viceversa.
E’ stata soprattutto la reciprocità a dare forza alla nostra comunicazione, rendendola capillare, aumentandone l’eco e l’efficacia.
Chiedere alle persone di donare il proprio account (407 donatori per Twitter e 529 per Facebook) ci ha permesso di amplificare notevolmente i nostri messaggi facendoli arrivare ad una platea più ampia della nostra e, al tempo stesso, ha permesso ai nostri sostenitori di sentirsi parte di un progetto comune dando un contributo piccolo, ma significativo, mettendoci a disposizione le proprie timeline.
Allo stesso modo, valorizzare i messaggi prodotti dai candidati o sul territorio ha contribuito a rafforzare il senso di collettività, facendo percepire a ciascuno l’importanza del proprio contributo.

Avevamo, ovviamente, un sito internet (chi non, del resto?) che oltre a contenere informazioni pratiche e materiali (per la raccolta firme prima e le elezioni poi), conteneva una sezione in cui esperti e personalità a noi vicini commentavano fatti di attualità e un blog dei candidati in cui dare spazio al commento da parte di ciascuno dei 73 candidati, secondo i propri temi e ambiti di interesse.

I social network sono stati il luogo in cui, ancor più che il sito, abbiamo costruito relazioni con i candidati, i comitati territoriali, i simpatizzanti e tutto il pubblico a cui rivolgevamo la nostra proposta.

E’ attraverso grafiche e materiali prodotti espressamente per i nostri canali sui social network che abbiamo veicolato gran parte dei temi che ci stavano a cuore, con operazioni che spesso si proponevano di “dire la verità” e sempre sfruttavano la creatività per rendere semplice il messaggio.

E’ attraverso i social network che abbiamo presentato i nostri candidati, con brevi schede contenenti un video, informazioni biografiche e tutti i link utili a conoscere meglio ciascuno dei 73 candidati, tutti espressione di importanti percorsi politici e associativi sul territorio, ma in molti casi poco conosciuti.

Ma il lavoro più importante che abbiamo fatto è stato fare rete e mettere in rete. Far sì che le persone si parlassero e si organizzassero. Cosa che, con qualche risorsa finanziaria, avremmo potuto fare meglio, realizzando una qualunque delle idee che avevamo a inizio campagna per creare strumenti che connettessero le persone su singoli obiettivi (un volantinaggio, una riunione, una banchetto per la raccolta firme…) e fornissero loro tutto il supporto necessario.
Magari la prossima volta. «Tanto la prossima volta sarà quella buona!».